Lao She scrive uno dei capolavori della narrativa cinese del Novecento raccontando la parabola di un uomo comune e sfortunato nella Pechino degli anni Trenta

È una storia di determinazione e disperazione, ambizioni e sogni spezzati quella raccontata da Lao She nel romanzo Il ragazzo del risciò (Mondadori), tradotto da Alessandra C. Lavagnino per la prima volta integralmente dal cinese.

il ragazzo del risciò copertinaIl protagonista è Xiangzi, un ragazzo di campagna, infaticabile, di poche parole, che nei primi anni Trenta si trasferisce a Pechino in cerca di fortuna, quella che è scritta anche nel suo nome (Xiangzi significa “ragazzo fortunato”).

Un nome che suona quasi come una beffa vista la sorte che lo aspetta nella metropoli, dove diventa tiratore di risciòIl risciò è tutta la sua vita, ne scandisce il ritmo e ne segna gli alti e i bassi. Con il risciò percorre senza sosta le vie della città, convinto di correre verso un futuro migliore, ma finendo per ritrovarsi nella più cupa disperazione.

Ogni volta che la vittoria sembra a portata di mano, Xiangzi cade, si rialza, ma cade ancora, ripetutamente, sempre più in basso, fino a doversi arrendere al destino che sembra accanirsi contro di lui. La sua forza e la sua determinazione non bastano per affermarsi in una società in cui, nonostante la sua volontà e il suo impegno, non riesce a trovare il posto che vorrebbe.

Il ragazzo del risciò è stato pubblicato tra il 1936 e il 1937 a puntate sulla rivista Yuzhou feng (Vento del Cosmo) e il suo autore, Lao She, è uno dei tanti intellettuali rimasti vittime della Rivoluzione Culturale (1966-1976).

Nato nel 1899, prima insegnante e poi scrittore, ha avuto una formazione internazionale. Dal 1924 al 1929, infatti, ha vissuto a Londra, dove ha insegnato cinese presso la School of Oriental Studies. Proprio a Londra ha scritto i suoi primi tre romanzi: La filosofia di Zhang (1926), Zhao Ziye (1927) e I due Ma (1929). Dopo il suo rientro in Cina nel 1930, si è dedicato prevalentemente alla scrittura, pubblicando numerosi racconti e i romanzi Città di gatti (1933) e Divorzio (1933). Dopo lo scoppio della guerra con il Giappone, fino al 1945 è stato capo della Lega anti-giapponese degli scrittori. Dal 1946 al 1949 ha vissuto negli Stati Uniti e, tornato in Cina, si è dedicato alla scrittura di commedie. Allo scoppio della Rivoluzione Culturale, è finito nel mirino delle Guardie Rosse. Un’umiliazione che lo ha spinto a togliersi la vita gettandosi nel lago Taiping, a Pechino. Bisognerà attendere oltre un decennio perché il suo nome possa essere completamente riabilitato.

Nell’introduzione a Il ragazzo del risciò, Alessandra Lavagnino definisce Xiangzi «il primo eroe proletario» della letteratura cinese moderna. In effetti, questo romanzo si inserisce perfettamente in quella tendenza al rinnovamento espressivo iniziato con la rivoluzione letteraria nel 1917, che ha portato all’utilizzo di una lingua moderna e colloquiale, di strutture narrative influenzate dalla letteratura occidentale e di tematiche e personaggi più vicini alla realtà.

In questo romanzo, non ci sono le consuete atmosfere classiche, caratterizzate dall’intreccio di vicende riconducibili a innumerevoli personaggi. Tutto gira intorno a Xiangzi, è lui il fulcro della storia. Una storia in cui arrivano gli echi di ciò che stava avvenendo nella Pechino degli anni Trenta, con il conflitto tra i nazionalisti del Guomindang di Chiang Kai-Shek e i comunisti guidati da Mao Zedong e l’invasione giapponese all’orizzonte. Ma è un contesto storico accennato, tratteggiato, che rimane sullo sfondo.

La scena è tutta occupata dal protagonista e dalla sua quotidianità. Una quotidianità che lo segna profondamente, trasformandolo e rendendolo vittima della società in cui vive, che non gli consente il riscatto tanto agognato.

Come si legge nel paragrafo conclusivo del romanzo, sintesi perfetta della parabola vissuta da Xiangzi:

Rispettabile, ambizioso, pieno di sogni, egoista, individualista, vigoroso, possente: Xiangzi! Ormai non sapeva più quanti cortei funebri aveva accompagnato ma non sapeva neppure quando e dove sarebbe stato sepolto lui, in quale terra sarebbe finito questo degenerato, egoista, sfortunato prodotto di una società malata, spettro disperato dell’individualismo.

 

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Il ragazzo del risciò
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