A Roma un incontro con il professore per parlare della civiltà cinese, partendo dal Made in Italy per arrivare alla formazione confuciana e all’arte della guerra

Alcune sere fa, nei giardini di Piazza Vittorio a Roma, nel cuore del quartiere che più è identificato con la comunità cinese che vive nella Capitale, mi sono imbattuta quasi per caso in un incontro organizzato dalla Libreria Rotondi, nell’ambito della rassegna Sguardi su Oriente e Occidente, dedicato a Non solo Made in China: Wenhua, la civiltà cinese. E che si trattasse di un incontro interessante era prevedibile, visto che a parlare di civiltà cinese è stato chiamato il professor Paolo Santangelo, sinologo e autore di numerosi testi sulla Cina.

La sua riflessione è partita da due elementi a cui generalmente viene associata la Cina da chi sa poco o nulla di questo Paese: il Made in China e i ristoranti cinesi. Un approccio volto ad accompagnare i presenti al di là delle apparenze e degli aspetti più immediati per cominciare ad addentrarsi nella cultura cinese.

Alcuni decenni fa Corea, Singapore e Taiwan sono stati protagonisti di uno sviluppo massiccio che li ha portati tra gli anni Sessanta e Settanta ad essere definiti come le Tigri asiatiche. Lo sviluppo cinese, invece, è partito più tardi, dopo la fine della Rivoluzione culturale, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Nonostante questo però, si può dire che la Cina abbia avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo delle Tigri asiatiche. Come fa notare il professore, infatti, Corea, Singapore e Taiwan avevano un elemento in comune: la cultura cinese.

Partendo da questa constatazione, Santangelo introduce alcuni elementi fondamentali della cultura cinese che quindi stanno dietro al Made in China. Primo tra tutti la formazione confuciana, che si esplica nell’etica del lavoro, nel tipo di morale e nell’educazione. Per quanto riguarda il lavoro, non solo il lavoro è considerato un metodo di autorealizzazione, ma nel luogo di lavoro vigono un forte spirito di corpo e un profondo senso di appartenenza, in base al quale i singoli si sentono parte integrante del gruppo all’interno del quale operano e sono quindi spinti ad agire in nome dell’interesse collettivo. Va poi considerato il tipo di morale proprio dei popoli dell’Asia orientale, una morale descrittiva che, a differenza della morale normativa basata su ordini di comportamento, mette in relazione il comportamento del soggetto alla sua condizione, sostenendo che ci sia una connessione quasi naturale tra il soggetto e il suo agire. Altro elemento da considerare è il ruolo e il valore che i cinesi danno all’educazione. L’istruzione è al primo posto e questo fa sì che tra gli studenti cinesi ci sia un’attitudine diversa allo studio rispetto a quella che in genere hanno gli studenti occidentali.

Alla formazione confuciana si affianca poi un altro aspetto fondamentale, legato alla concezione della strategia militare. Quando si parla di Cina e di strategia militare, la prima cosa che viene in mente è senza dubbio L’arte della guerra, un trattato di strategia militare attribuito al generale Sunzi, vissuto tra il VI e il V secolo a.C. Un testo che tratta ogni aspetto della guerra, raccogliendo indicazioni che non valgono esclusivamente in ambito militare, ma possono essere applicate anche in molti altri aspetti della vita. Ed è proprio quello che i cinesi fanno per centrare i loro obiettivi. È dall’arte della guerra che hanno imparato come ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo o come utilizzare la forza dell’avversario a proprio favore o ancora come riuscire a fare delle proprie debolezze dei punti di forza.

Considerando nel loro insieme tutti questi elementi è possibile guardare al fenomeno del Made in Italy da un altro punto di vista e con una diversa consapevolezza. È riduttivo, infatti, etichettare la Cina come fabbrica del mondo, perché dietro lo sviluppo cinese c’è la cultura cinese. Una cultura millenaria, espressione di una civiltà antica come la nostra, ma che si è sviluppata completamente al di fuori di essa, con una sua continuità segnata da un continuo cambiamento. Proprio il cambiamento è uno degli elementi su cui ha messo l’accento il professor Santangelo, definendolo «essenziale» per la civiltà cinese.

Si ritrova anche nella scrittura cinese, un sistema complesso e lontanissimo dal sistema alfabetico a cui siamo abituati in Occidente. Nel corso dell’incontro, Santangelo ha cercato di avvicinare il pubblico alla scrittura cinese, soffermandosi sulla sua evoluzione nel corso dei secoli e trasmettendone il fascino.

E a giudicare dalle reazioni dei presenti ci è riuscito in pieno. Non si può, infatti, non restare incantati dall’esposizione del professore che sa trasmettere la sua grande passione per la Cina, per la sua storia e per la sua cultura, coinvolgendo chi ascolta, incuriosendo chi di questo universo sa poco o nulla e rafforzando l’interesse di chi invece ha già iniziato a scoprirlo.

L’incontro è terminato con la promessa di un secondo incontro, alla Libreria Rotondi, per continuare questo viaggio nella civiltà cinese. Non possiamo che augurarci che arrivi presto questa nuova occasione per ascoltare Paolo Santangelo!