Da Hong Kong al Canada, la storia di una “famiglia astronauta”, fatta di vuoti e mancanze, silenzi e incomprensioni

Cos’è una “famiglia astronauta”? È l’appellativo con cui i media di Hong Kong hanno etichettato quelle famiglie che, dopo il ritorno di Hong Kong alla Cina, vivono divise, separate da migliaia di chilometri, sempre in volo tra due continenti, su aerei che a volte portato a ricongiungersi e altre volte a separarsi.

Foresta fantasma di Pik-Shuen Fung (Il Saggiatore, 2022, traduzione di Benedetta Dazzi), scrittrice nata a Hong Kong e cresciuta a Vancouver, ci racconta la storia di una di loro. Una storia in parte basata sulla sua stessa esperienza.

È il 1997 quando Hong Kong, dopo un secolo di sovranità britannica, torna alla Cina. I suoi abitanti si trovano inevitabilmente di fronte a una scelta: continuare a vivere lì, nonostante il cambio di sovranità, o abbandonare tutto ed emigrare all’estero, nella speranza di costruirsi una vita migliore.

foresta fantasma_coverÈ il dilemma che si pone anche la famiglia protagonista di Foresta fantasma, destinata a diventare una “famiglia astronauta”, con il padre rimasto a vivere e lavorare a Hong Kong e madre, nonna e figlie a Vancouver, in Canada. Una decisione che condizionerà l’intera vita di tutti i componenti della famiglia.

Una vita fatta di vuoti e mancanze, silenzi e incomprensioni, scandita da saluti all’aeroporto, ritorni in patria per le vacanze estive, ricordi che si risvegliano sentendo un odore o gustando un cibo particolare.

Le distanze complicano i rapporti, innescano sentimenti contrastanti, creano nodi difficili da sciogliere, ma destinati a venire al pettine, rendendo indispensabile districarli.

È quello che tenta di fare la figlia protagonista di Foresta fantasma, quando il padre muore, dopo una lunga malattia. Filo dopo filo, tenta di sciogliere tutti i nodi della sua vita, cercando di capire finalmente suo padre. Un padre che a volte crede quasi di non conoscere veramente.

Per farlo mette in fila ricordi, episodi di vita quotidiana e soprattutto sensazioni e rimpianti. Non nasconde nulla, svela le sue sofferenze e le difficoltà affrontate per integrarsi in un Paese che non è quello in cui è nata, dove spesso l’incontro diventa scontro.

Attorno a lei ruotano le storie delle altre figure femminili della sua famiglia: la sorella, la mamma e la nonna.

Il risultato è un racconto intimo ed estremamente toccante che, oltre al tema del rapporto tra padre e figlia, affronta le tematiche della migrazione e dell’integrazione, dei legami familiari e della lontananza, del distacco e della morte. Pagina dopo pagina, pezzo dopo pezzo, i nodi cominciano a sciogliersi e tutto sembra cominciare a incastrarsi e ad avere senso.

Un processo che si riflette anche nella scrittura di Pik-Shuen Fung. Il libro è organizzato in capitoli scarni, sintetici, a volte scollegati l’uno dall’altro, quasi fossero gli appunti di un diario rivolto solo a sé stessa, in cui sono raccolti aneddoti e pensieri, con frasi semplici, brevi, senza fronzoli. Una scrittura che ci riporta all’essenziale, alla sostanza delle cose, oltre l’apparenza.

Servirà qualche pagina prima di riuscire ad entrare nel percorso tratteggiato dalla scrittrice, prima di riuscire a stabilire un contatto con i suoi sentimenti, ma poi sarà impossibile non identificarsi, non condividere le sue sensazioni e il suo desiderio di riuscire finalmente a comprendere suo padre e la sua vita, andando oltre quelle che erano state fino ad allora le sue convinzioni.

Non è facile per lei, cresciuta in una famiglia in cui ciò che si prova non si esterna ma si tiene per sé, riuscire a dirgli «Ti voglio bene». Ma farlo la aiuterà poi a elaborare la perdita di un padre ritrovato solo alla fine della sua vita. Un padre che, benché non se ne fosse resa conto prima, l’ha amata profondamente, al di là di qualsiasi distanza e assenza.

 

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Foresta fantasma di Pik-Shuen Fung
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