Vita e opere dello scrittore Premio Nobel per la Letteratura, che racconta la Cina rurale e la durezza della vita contadina rivelando il forte legame con la sua terra

Mo Yan è senza dubbio uno degli scrittori cinesi più conosciuti a livello internazionale. Anche chi non legge abitualmente romanzi e racconti di autori cinesi ne ha sicuramente sentito parlare. Soprattutto dopo che nel 2012 gli è stato assegnato il Premio Nobel per la Letteratura «per il suo realismo allucinatorio che fonde racconti popolari, storia e contemporaneità».

 

BIOGRAFIA DI MO YAN

Pseudonimo di Guan Moye, Mo Yan significa “non parlare”, scelto in ricordo di quello che gli dicevano i suoi genitori nel periodo della Rivoluzione culturale, quando una parola di troppo poteva avere conseguenze disastrose sulla libertà e sull’intera vita di una persona e dei suoi familiari. Quando scoppiò la Rivoluzione culturale Mo Yan aveva appena undici anni e, come molti studenti, fu costretto a lasciare la scuola. Lavorò prima come pastore e poi in una manifattura di cotone. Per sottrarsi alla vita contadina, nel 1976 si arruolò nell’esercito, cosa che gli permise di studiare all’Accademia artistica dell’Esercito di Liberazione Popolare, dove si laureò dieci anni dopo, prima di continuare gli studi presso l’università Normale di Pechino.

Uno dei tratti distintivi dei suoi libri è l’ambientazione, spesso la scelta ricade su Gaomi, nella provincia dello Shandong, dove nacque Mo Yan nel 1955 da una famiglia di contadini. Gaomi diventa l’ispirazione per tratteggiare il microcosmo in cui inserisce i suoi personaggi attraverso le cui vicissitudini descrive la società cinese del passato e del presente, con il primo considerato un fattore indispensabile per capire il secondo. Tradizioni e storia sono fortemente presenti nelle sue opere, percorse costantemente da un umorismo che emerge in situazioni spesso paradossali.

Soprattutto la prima parte della sua produzione è fatta rientrare nel filone letterario della letteratura della ricerca delle radici, sviluppatasi in Cina negli anni Ottanta.

Nei suoi scritti molti rintracciano l’influenza del realismo magico caratteristico della letteratura sudamericana, ma molti elementi dei suoi romanzi sono riconducibili alla tradizione popolare cinese dei cantastorie, in cui coesistono realtà e finzione.

Nonostante il grande successo e la notorietà internazionale, Mo Yan è una figura controversa, spesso oggetto di critiche per la sua dichiarata vicinanza al governo cinese e il mancato sostegno espresso nei confronti di artisti e letterati dissidenti. Interessante a questo proposito un’intervista all’autore contenuta nel libro di Marco Del Corona Un tè con Mo Yan.

Ad agosto 2021, Mo Yan ha aperto un account WeChat, spinto dal desiderio di poter comunicare con i giovani.

 

BIBLIOGRAFIA DI MO YAN

sorgo_rosso_mo_yanPubblicato in Cina prima in cinque parti tra il 1985 e il 1986 e poi in un unico volume nel 1988, Sorgo Rosso è il romanzo più famoso di Mo Yan. Arriva in Italia nel 1994, tradotto da Rosa Lombardi, pubblicato da Theoria e successivamente da Einaudi. È ambientato a Gaomi, paese natale di Mo Yan, e racconta la storia di Yu Zhan’ao e della sua famiglia, attraverso le testimonianze e i ricordi raccolti da un nipote. Le vicende attraversano la storia cinese dagli anni Venti fino al periodo prima della Rivoluzione culturale e tracciano un vivido affresco del popolo cinese e della Cina, da un punto di vista diverso, inedito per l’epoca, quando si era abituati a protagonisti eroici e valorosi, caratterizzati da un grande valore morale. Yu Zhan’ao, invece, è sì coraggioso ed eroico, ma è anche un bandito, che vive in condizioni di miseria. La sua vita è scandita da una lotta continua, che lo vedrà impegnato contro le autorità distrettuali, gli invasori giapponesi, i comunisti e i nazionalisti. Dal libro è stato tratto l’omonimo film di Zhang Yimou, vincitore dell’Orso d’oro al festival del cinema di Berlino.

le canzoni dellaglio_mo yanIl secondo romanzo di Mo Yan, pubblicato in Cina nel 1988, è Le canzoni dellaglio, che però arriva in Italia solo nel 2014, grazie alla traduzione di Maria Rita Masci. La storia, ambientata negli anni Ottanta e raccontata dal menestrello cieco Zhang Kou, le cui canzoni aprono ciascun capitolo, prende spunto da vicende realmente accadute. A Tiantang, luogo di fantasia nella provincia dello Shandong, i contadini si ribellano e assaltano la sede del distretto per protestare contro le scelte, gli abusi e la corruzione dei dirigenti del Partito che li hanno spinti a coltivare esclusivamente aglio, portandoli così alla rovina. Nelle pagine del libro sembra di sentire l’odore di aglio marcio che causa la disperazione dei personaggi e accompagna le loro vicende. Tiantang vuol dire Paradiso, ma lo è soltanto di nome. La rivolta, infatti, sarà brutalmente repressa e la linea del Partito prevarrà, mettendo in luce l’impotenza dei singoli individui di fronte alla Stato.

i tredici passi_coverL’anno successivo in Cina, poco prima dei fatti di piazza Tian’anmen, esce i Tredici passi, che Einaudi pubblica in Italia nel 2019, tradotto da Maria Rita Masci. Stremato dalla fatica, il professor Fang Fugui, che insegna fisica in un liceo, muore mentre è in cattedra. Il suo corpo viene portato alle pompe funebri Belmondo dove il chirurgo plastico Li Yuchan dovrebbe prepararlo per la cerimonia. Ma poiché è impegnata a rendere presentabile il vice sindaco della città, suo ex amante, il corpo del professore viene messo in attesa in una stanza frigorifera. Qui resuscita e fugge. Sulla via di casa, cade in un cantiere aperto e si ricopre completamente di calce; la moglie, credendolo un fantasma, lo caccia. Allora bussa alla porta dei vicini che sono Zhang Hongqiu, professore di fisica nel suo stesso liceo, e sua moglie, Li Yuchan, il chirurgo plastico delle pompe funebri. Poiché preferiscono saperlo morto, per farne un emblema della triste condizione degli insegnanti, i tre dirigenti della scuola decidono di dare a Fang i connotati di Zhang (grazie alle abilità chirurgiche di Li Yuchan), con l’intesa che andrà a insegnare al liceo al suo posto, mentre il secondo cercherà di far soldi dandosi agli affari a beneficio delle due famiglie. Assunte le nuove sembianze, Fang forza la propria moglie a fare l’amore con lui; la donna, credendo di essere stata violentata dal vicino, si deprime e finisce per annegarsi nel fiume. Zhang passa innumerevoli peripezie cercando di darsi al commercio delle sigarette e alla fine si convince che il suo posto è l’insegnamento. Tutt’altro che a proprio agio nella nuova identità, Fang tenta di tornare come era, poi disperato cerca di impiccarsi con la cinta dei pantaloni. Proprio in quel momento vede un passero ferito che avanza verso di lui; ne conta i passi e arriva sino a dodici: secondo un’antica leggenda vedere zampettare un passero è di buon augurio, il primo passo porta ricchezza, il secondo potere, il terzo fortuna con le donne e via di seguito fino al dodicesimo. Ma se lo si vede compiere il tredicesimo tutto il bene si capovolge trasformandosi in tragedia.

il paese dell'alcol_coverAtmosfere surreali che si ritrovano anche nel romanzo del 1992 Il paese dell’alcol, tradotto da Silvia Calamandrei e pubblicato da Einaudi nel 2016. Protagonista è l’ispettore Ding Gou’er, impegnato in un’indagine che riguarda un traffico che consente ad alcuni selezionati ristoranti di offrire ai propri clienti un cibo prelibatissimo: la carne di neonato. Inviato a Jiuguo per verificare la fondatezza delle anonime accuse ricevute in Procura, Ding è costretto a continue libagioni nei banchetti ufficiali a cui è invitato dalle autorità locali, e, obnubilato dai fumi dell’alcol, non riesce mai a capire se quanto gli viene imbandito è veramente carne umana o una presentazione ad effetto frutto della manipolazione di altri ingredienti: le braccine che gli vengono offerte come leccornia si rivelano gambi di fiori di loto abilmente modellati dal coltello del cuoco. Nelle indagini trova antagonisti e compagni, non sempre fidati, e incontra una serie di incredibili personaggi. Nei dieci capitoli dedicati all’inchiesta, sono incastonati uno scambio epistolare tra l’autore e un aspirante giovane scrittore esperto di distillazione di alcolici, e un suo racconto breve con personaggi e vicende che rimandano o echeggiano la narrazione cornice: si viene cosí a creare un gioco di specchi tra realtà e finzione in cui Mo Yan finisce per ritrovarsi personaggio nel capitolo conclusivo che non offre né una soluzione dell’enigma né una catarsi.

grande seno fianchi larghi_mo yan

Grande seno, fianchi larghi, scritto nel 1995, arriva in Italia nel 2002, tradotto da Giorgio Trentin. È una saga familiare, che narra le vicende della famiglia Shangguan dalla fine degli anni Trenta fino alla Rivoluzione culturale, passando per il Grande balzo in avanti. Ancora una volta Mo Yan ci porta a ripercorrere la storia cinese del Novecento attraverso le vicende di una famiglia rurale. Shangguan Yintong è il figlio maschio tanto atteso da Shangguan Lü, che per garantire la discendenza a suo marito affetto da sterilità dà alla luce nove figli con sette uomini diversi. Ma Yintong, nonostante i privilegi riservatigli rispetto alle sorelle, si dimostra debole e morbosamente attaccato alla madre. Allattato fino a otto anni, crescendo porterà con sé una sorta di ossessione per il seno materno. Si dimostrerà inadeguato e debole, sia nel lavoro che nei rapporti con le donne, diventando protagonista di situazioni comiche e grottesche. Al contrario delle sue sorelle, scaltre e capaci di inserirsi e cogliere i frutti dello sviluppo capitalistico. Il romanzo è caratterizzato da un realismo estremo, espresso da descrizione crude tratteggiate da Mo Yan con uno stile essenziale e diretto.

supplizio_legno_sandaloNel 2001 esce Il supplizio del legno di sandalo, tradotto in italiano da Patrizia Liberati. Il romanzo è ambientato nella Cina del 1900, nel distretto di Gaomi, nella provincia dello Shandong. Nel Paese imperversa la rivolta dei Boxer, sollevata dalla Società dei Pugni e dell’Armonia contro la presenza colonialista delle potenze straniere che, in seguito alla firma dei trattati di Nanchino nel 1839 e di Tianjin nel 1858, hanno alimentato il malessere della popolazione. La dinastia Qing, in mano all’imperatrice madre Cixi, è ormai prossima allo sfacelo e sulla Cina imperiale sta per calare definitivamente il sipario. Questo è il contesto storico in cui si svolge la vicenda che ha per protagonista Sun Bing, un ex attore e cantante dell’opera dei gatti, che si ritrova, quasi inconsapevolmente, alla guida di un gruppo di ribelli decisi ad affrontare i soldati tedeschi impegnati nella costruzione della ferrovia, per la quale espropriano terre ai contadini della zona, suscitando un profondo malcontento tra la popolazione. Sun Bing sarà catturato e condannato a morte, sottoposto a un terribile supplizio, il supplizio del legno di sandalo appunto. Toccherà al suocero di sua figlia Zhao Jia, boia ormai vecchio ed esperto delle torture più sofisticate, e a suo genero Xiaojia, macellaio alla sua prima esperienza al fianco del padre, eseguirlo.

i quarantuno colpi_coverDue anni dopo, in Cina viene pubblicato I quarantuno colpi, tradotto in italiano da Patrizia Liberati. È un monologo in cui il giovane Luo Xiaotong, nella Cina dei primi anni Novanta, per espiare i suoi peccati e pervenire, attraverso l’adesione al buddhismo, alla suprema saggezza, il giovane Luo Xiaotong racconta, costantemente distratto dall’arrivo di una fantasmagoria di persone e dalla rutilante Sagra della carne che si sta organizzando all’esterno del tempio, la propria vita al Grande monaco Lan. È la storia della rovina della sua famiglia, con il padre che, dopo essere scappato con un’altra donna, torna a casa pentito ma finisce per uccidere la moglie quando scopre che è diventata l’amante del capo villaggio. Ma è al contempo, e soprattutto, la testimonianza del degrado morale che ha comportato il passaggio, in Cina, dall’economia socialista a quella di mercato.

le sei reincarnazioni di ximennao_mo yanPubblicato in Cina nel 2006 e in Italia nel 2009, grazie alla traduzione di Patrizia Liberati, Le sei reincarnazioni di Ximen Nao racconta un cinquantennio di storia cinese, dagli anni Cinquanta al Duemila, attraverso le vicissitudini di sei personaggi diversi, le sei reincarnazioni di Ximen Nao citate nel titolo: asino, bue, maiale, cane, scimmia e bambino. Tre i narratori della lunga storia di Ximen Nao: il bambino, ultima reincarnazione, Lan Jiefang, un cittadino, e Mo Yan. Ognuno di loro offre un punto di vista diverso dei fatti, perché Ximen Nao bambino racconta le vicende tenendo conto delle sue cinque precedenti reicarnazioni, Lan Jiefang ha una visione limitata dei fatti, mentre Mo Yan interviene con il suo consueto umorismo, che spesso sconfina nel paradosso. Nonostante la mole del romanzo (5 parti, 58 capitoli, 730 pagine), Mo Yan ha dichiarato di averlo scritto in appena 42 giorni, a mano.

Tre anni dopo esce Le rane, tradotto in italiano da Patrizia Liberati. Il romanzo è incentrato su un aspetto molto controverso della storia cinese: la politica per il controllo delle nascite. Narra la vita di Wan Xin, l’unica levatrice della regione di Gaomi, che ha fatto nascere tutti i bambini della zona e che a metà degli anni Sessanta deve fare i conti con l’introduzione della politica per il controllo delle nascite lanciata dal partito per fronteggiare il boom demografico. Wan Xin diventa uno strumento per l’applicazione della nuova politica. Aborti e vasectomie prendono il posto di parti e nascite. Violenza e repressione dilagano e Wan Xin dedica tutta se stessa a seguire la linea dettata dal governo. Ma quando un ventennio dopo il controllo sulle nascite comincerà ad allentarsi, la donna si troverà a dover fare i conti con se stessa e con il suo passato, ripensando a tutti bambini mai nati di cui è stata responsabile. Il suo personaggio è controverso, come controverso è stato il passaggio storico in cui è ambientato il romanzo.

Oltre ai romanzi, sono stati tradotti in italiano anche dei racconti di Mo Yan: L’uomo che allevava i gatti e altri racconti (Einaudi, traduzione Daniele Turc-Crisà, Lara Marconi, Giorgio Trentin) e Cambiamenti (Nottetempo, traduzione di Patrizia Liberati).