Mei Fong racconta in maniera dettagliata e approfondita le ripercussioni della controversa politica attuata in Cina per oltre trent’anni, mettendone in evidenza gli aspetti più oscuri e crudeli

Parte da una premessa l’analisi di Mei Fong sulla politica del figlio unico attuata dalla Cina per più di tre decenni: intrapresa per strappare dalla povertà estrema la numerosa popolazione cinese, non solo ha portato a eccessi e degenerazioni, ma ha finito per creare un drastico squilibrio demografico che rischia di minare il futuro sviluppo del Paese.

figlio unico_coverIn Figlio unico. Passato e presente di un esperimento estremo, (Carbonio Editore, 2018), Mei Fong analizza e sviscera tutti questi eccessi e degenerazioni, snocciolando dati e raccogliendo storie e testimonianze di chi in un modo o nell’altro si è scontrato con le restrizioni imposte dal governo cinese e ne ha subito le ripercussioni più dure.

La politica del figlio unico è diventata legge della Repubblica popolare cinese nel 2002, ma è stata introdotta in Cina alla fine degli anni Settanta per frenare l’eccessivo incremento demografico. Nei primi anni Settanta era stata anticipata dallo slogan lanciato nell’ambito del programma nazionale di controllo delle nascite wan, xi, shao, tre caratteri con cui il governo intendeva raccomandare ai cinesi di fare pochi figli, tardi e con un lungo intervallo di tempo tra l’uno e l’altro.

Questo slogan ha posto le basi per la politica del figlio unico, promossa nel 1979 da Deng Xiaoping, che puntava così a contenere la popolazione entro il miliardo e duecento milioni nel 2000 e a ridurla al di sotto del miliardo entro la fine del XXI secolo, in modo da mantenere il giusto equilibrio tra risorse e popolazione per garantire la crescita economica del Paese e il benessere della popolazione.

Il sistema di pianificazione familiare, la cui norma generale prevedeva che le coppie sposate potessero avere un solo figlio, si basava su un sistema di quote di nascite annuali che il governo centrale stabiliva per ogni provincia, demandando alle autorità locali il compito di controllare l’attuazione e il rispetto della direttiva, attraverso una serie di ricompense e sanzioni pecuniarie. Nel caso in cui il numero di nascite si fosse attestato al di sotto della quota stabilita, poteva essere concessa la possibilità di un secondo figlio. Inoltre, deroghe erano concesse alle minoranze etniche e agli abitanti delle zone rurali.

Negli oltre trent’anni in cui è stata in vigore, la politica del figlio unico, oltre che sul piano demografico, ha avuto ripercussioni sul piano economico e sociale. Con queste ripercussioni la Cina si è trovata a dover fare i conti negli ultimi anni, decidendo così di allentare le norme di pianificazione familiare, fino ad arrivare all’approvazione della legge che consente alle coppie cinesi di avere due figli, entrata in vigore all’inizio del 2016.

Mei Fong, giornalista sino-malese, naturalizzata americana, premiata con il Premio Pulitzer nel 2007, inizia Figlio unico. Passato e presente di un esperimento estremo riportandoci nel 2008, anno segnato per la Cina da due eventi straordinari, anche se in maniera profondamente diversa: il devastante terremoto del Sichuan e le Olimpiadi di Pechino.

Nella provincia sud-occidentale del Sichuan la politica del figlio unico è stata testata prima che nel resto della Cina. E proprio lì il terremoto ha decimato un’intera generazione di figli unici, facendo emergere in maniera drammatica il fenomeno dei genitori shidu, cioè quei genitori di figli unici che perdono il loro unico figlio (shi significa perdere, mentre du solo). Mei Fong documenta questa tragedia, iniziando così a fare luce sui risvolti più oscuri e drammatici della politica del figlio unico.

Lo fa raccogliendo le testimonianze dirette di chi questi risvolti li ha vissuti sulla propria pelle e pagati con il proprio dolore. Attraverso le pagine del suo reportage, dà voce a chi ha subito aborti forzati e sterilizzazioni non volute, racconta le esperienze di chi ha adottato bambini cinesi inconsapevole che spesso fossero stati strappati alle loro famiglie di origine, ricostruisce le valutazioni di studiosi e demografi, ripercorre le modalità con cui la politica del figlio unico è stata attuata e le deroghe che sono state concesse nel corso degli anni, svela tradizioni cinesi poco note in Occidente, come lo caili, una sorte di dote che la famiglia dello sposo paga per la futura moglie del figlio sul quale la politica del figlio unico ha influito notevolmente, analizza lo squilibrio di genere prodotto da questa politica, le ripercussioni sulla condizione femminile e sulla composizione anagrafica della popolazione cinese.

A rendere il suo racconto ancor più sentito e partecipato il fatto di condividere con il lettore anche la sua storia personale e la sua esperienza di ricerca della maternità.

E Mei Fong, dopo averci portato con lei a viaggiare attraverso la Cina e a conoscere le sofferenze di tanti cinesi, arriva a una conclusione che fa riflettere su un’ulteriore drammatica conseguenza della politica del figlio unico:

Alla fine, il grande danno inferto dalla politica del figlio unico è aver costretto le persone a pensare razionalmente – forse troppo razionalmente – alla possibilità di diventare genitori, che invece è un grande salto nel buio, capace di estendere all’infinito la nostra comprensione di ciò che significa vivere e amare. 

Figlio unico. Passato e presente di un esperimento estremo è un libro duro, doloroso, ma assolutamente da leggere.

 

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Figlio unico. Passato e presente di un esperimento estremo
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